Giuseppe
Mazzini.
Dall'introduzione a: "I doveri dell'Uomo":
Agli operai italiani.
……. Pensate a me come io penso a voi.
Affratelliamoci nell'affetto alla Patria. In voi segnatamente sta l'elemento del
suo avvenire. Ma questo avvenire della Patria e vostro, voi non lo fonderete
se non liberandovi da due piaghe che oggi pur troppo, spero per breve tempo,
contaminano le classi più agiate e minacciano di sviare il progresso
Italiano; il Machiavellismo e il Materialismo. Il primo, travestimento
meschino della scienza di un Grande infelice, v'allontana dall'amore e
dall'adorazione schietta e lealmente audace della Verità: il secondo vi
trascina inevitabilmente, col culto degli interessi,
all'egoismo e all'anarchia. |
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Pensate a me come io penso a voi. Affratelliamoci nell'affetto alla
Patria. In voi segnatamente sta l'elemento del suo avvenire. Ma questo avvenire
della Patria e vostro, voi non lo fonderete se non liberandovi da due piaghe
che oggi pur troppo, spero per breve tempo, contaminano le classi più agiate e
minacciano di sviare il progresso Italiano; il Machiavellismo e il Materialismo.
Il primo, travestimento meschino della scienza di un Grande infelice,
v'allontana dall'amore e dall'adorazione schietta e lealmente audace della
Verità: il secondo vi trascina inevitabilmente, col culto degli interessi, all'egoismo e all'anarchia.
Voi dovete adorar Dio per sottrarvi all'arbitrio e alla prepotenza degli
uomini. E nella guerra che si combatte nel mondo tra il Bene e il Male, dovete
dare il vostro nome alla Bandiera del Bene e avversare senza tregua, il Male,
respingendo ogni dubbia insegna, ogni transazione codarda, ogni ipocrisia di
capi che cercano maneggiarsi fra i due. Sulla via del primo, voi m'avrete,
finch'io vivo, compagno.
E perché quelle due Menzogne vi sono spesso affacciate con apparenze
seduttrici e con un fascino di speranze che solo il culto di Dio e della Verità
può tradurre in fatti per voi, ho
creduto debito di scrivere, a premunirvi, questo libretto. Io v'amo troppo per
adulare alle vostre passioni o accarezzare i sogni dorati coi quali altri tenta
ottenere favore da voi. La mia voce può apparirvi severa e troppo insistente a
insegnarvi la necessità del sacrificio e della virtù per altrui. Ma io so, e
voi, buoni e non guasti da una falsa scienza o dalla ricchezza, intenderete fra
breve, che ogni vostro diritto non
può essere frutto che d'un dovere
compito.
Addio. Abbiatemi ora e sempre vostro fratello.
Aprile 23-1860.
Biografia (Domus Mazziniana)
Giuseppe Mazzini nacque a Genova il 22 Giugno 1805, figlio terzogenito di
Giacomo, medico e professore di anatomia all'Università, e di Maria Drago,
donna di rigorosi princìpi morali, che ebbe un peso determinante nella crescita
umana e religiosa del figlio. Precoce d'ingegno e sensibile alle istanze della
nuova cultura romantica, l'ancor giovanissimo Mazzini prese parte attiva ai
primi moti costituzionali nella sua città, che dal 1815, per i deliberati del
Congresso di Vienna, era entrata a far parte del Regno di Sardegna. Laureato in
Legge nel 1827, entrò l'anno appresso nella Carboneria, per conto della quale
svolse una serie di delicate missioni segrete in Liguria e in Toscana.
Collaborava intanto all'Indicatore genovese (10 Maggio - 20 Dicembre 1828) e,
soppresso questo, al guerrazziano Indicatore livornese (Gennaio 1829 - Febbraio
1830), pubblicando articoli di carattere letterario e tuttavia densi di
riferimenti e significati politici. L'11 Novembre 1830, tradito da un delatore
che denunciò la sua attività cospirativa carbonara, fu arrestato dalla polizia
e imprigionato nella fortezza savonese di Priamar. In assenza di riscontri
oggettivi, venne prosciolto nel Gennaio dell'anno successivo dalle accuse
mossegli, ma, non accettando di veder limitata la propria libertà di movimento,
decise di lasciare Genova e cercare riparo alltestero (10 Febbraio 1831). Andò
prima in Svizzera, a Ginevra, e poi in Francia, prima a Lione e poi a
Marsiglia. Di lì a poco (Aprile 1831), indirizzò a Carlo Alberto la celebre
lettera con la quale esortava il giovane sovrano a porsi alla testa del
movimento della rigenerazione italiana: << Respingete l'Austria - gli
diceva - lasciate addietro la Francia, stringetevi a lega l'Italia >>.
Nel Luglio successivo, a Marsiglia, fondava la Giovine Italia con lo scopo di
<< restituire l'Italia in Nazione di liberi ed eguali, una, indipendente,
sovrana >>. I1 programma della nuova Società, capillarmente diffuso attraverso
le colonne della rivista che ne portava il nome, destò immediate simpatie e
speranze, risvegliò coscienze, suscitò magnanimi entusiasmi. Suscitò anche,
però, le energiche e spesso spietate reazioni del governo sardo: Efisio Tola,
Jacopo Ruffini e Andrea Vochieri furono le prime vittime della durissima
repressione poliziesca (Giugno 1833). Lo stesso Mazzini, che intanto era stato
espulso dalla Francia (Agosto 1832), fu condannato a morte dal tribunale
militare di Alessandria (26 Ottobre 1833) per avere << concertata, eccitata
e promossa >> a mezzo di << scritti sediziosi >> e di altre
<< delittuose pratiche >> una vasta rete cospirativa con l'intento
di << sconvolgere e distrurre >> l'ordinamento vigente. Appena due
mesi appresso, l'agitatore genovese iniziava un paziente lavoro di preparazione
per una spedizione armata contro la Savoia, che poi prese le mosse nel Febbraio
1834 in concomitanza con un tentativo di insurrezione a Genova. Falliti per
clamorose deficienze organizzative entrambi i tentativi, Mazzini concentrò le
proprie energie su di un ambizioso progetto di federazione europea dei popoli
liberi: l'Europa dei popoli da contrapporre all'Europa dei principi. Era il
disegno della Giovine Europa, nata a Berna (15 Aprile 1834) sotto il segno
dell'edera e con il motto <<Libertà-Uguaglianza-Umanità>>, con la
firma dell'<< Atto di Fratellanza >>, al quale dettero la loro
adesione 17 profughi politici: 7 italiani, 5 tedeschi e 5 polacchi in nome,
rispettivamente, della Giovine Italia, della Giovine Germania e della Giovine
Polonia. Allontanato anche dalla Svizzera (1836), Mazzini riparò a Londra
(Gennaio 1837), da dove, superata ormai la crisi legata alla << tempesta
del dubbio >>, continuò ad impegnarsi con rinnovato entusiasmo nella
realizzazione del suo programma, cui non mancarono, tra i molti, anche i
consensi e le adesioni di illuminati cittadini inglesi. Nella momentanea
assenza di prospettive concrete di azione politica, Mazzini dispiegò allora la
sua attività soprattutto nel campo delle iniziative umanitarie e degli studi
pedagogici e letterari. E' proprio in questo torno di tempo che egli aprì
infatti una scuola gratuita per i fanciulli poveri degli emigrati italiani
(Novembre 1841), ai quali volle fosse insegnato << a leggere, a scrivere
e ad amare la patria >>, e studiò e pubblicò la Commedia di Dante
Alighieri con il commento di Ugo Foscolo (1842), del quale, già qualche anno
prima, aveva raccolto e dato alle stampe una corposa scelta di Scritti politici
(1838). I1 10 Novembre del 1840 aveva intanto fatto uscire L 'Apostolato
popolare, periodico che si protrarrà fino al 30 Settembre 1843, nel quale,
oltre a propugnare i princìpi della fratellanza europea, venne esponendo i
fondamenti del suo pensiero sociale. Dopo la tragica fine dei fratelli Bandiera
(25 Luglio 1844), che Mazzini tentò invano di distogliere dalla loro disperata
impresa, l'attività politica dell'esule genovese riprese intensa nel '47,
allorché egli indirizzò una vibrata lettera a Pio IX per esortarlo a farsi
promotore di libertà: << Annunciate un'era - gli diceva - dichiarate che
l'umanità è sacra e figlia di Dio >>, e noi, continuava, << vi
faremo sorgere intorno una Nazione al cui sviluppo, libero, popolare, Voi,
vivendo, presiederete >>. Nel 1848, l'anno della rivoluzione europea,
eccolo tornare con slancio sul terreno dell'azione: il 9 Aprile giunse a Milano
accolto da entusiastiche dimostrazioni popolari e subito avviò la pubblicazione
del quotidiano L'ltalia del Popolo (20 Maggio), dalle cui colonne sostenne
energicamente l'esigenza di una guerra di popolo contro lo straniero,
avversando al contempo le involuzioni filopiemontesi dei dirigenti lombardi.
Battuto a Milano, Mazzini raggiunse nel Febbraio dell'anno seguente Livorno e
Firenze e, subito dopo, Roma, dove intanto era nata la Repubblica (9 Febbraio).
Eletto rappresentante del popolo all'Assemblea costituente (21 Gennaio) e
acclamato cittadino romano (12 Febbraio), venne di lì a poco trionfalmente
accolto in seno all'Assemblea (6 Marzo) e quindi nominato triumviro con
Armellini e Saffi (29 Marzo). In tale veste, Mazzini affrontò allora la sua
prima e unica esperienza di governo, nel corso della quale seppe offrire un
grande esempio di equilibrio umano e politico e di saggezza giuridica: sue
furono infatti le soluzioni anticipatrici proposte in tema di separazione di
poteri tra Stato e Chiesa, di garanzie per il libero esercizio del potere
spirituale, di fratellanza e rispetto della sovranità nazionale di ogni popolo:
il tutto nel quadro di un austero programma di governo che prevedeva ordine e
rigore nell'attività finanziaria, parsimonia nelle spese, eliminazione degli
sperperi, << attribuzione di ogni denaro del paese all'utile del paese
>>. Caduta la Repubblica, Mazzini riprese con rinnovata determinazione la
via dell'esilio (12 Luglio) riparando a Losanna, dove avviò una nuova serie
dell'ltalia del Popolo (25 Agosto), il cui programma repubblicano egli espose
nello scritto diretto << Agli Italiani >> sintetizzandolo nella
formula Dio e Popolo. Nel frattempo, sin dal Marzo del '48, aveva gettato a
Parigi le basi dell'Associazione Nazionale Italiana, alla quale, dopo il
rientro a Londra, fece seguire il Comitato Centrale della Democrazia Europea
(Luglio 1850) e, di lì a poco, il Comitato Nazionale Italiano (Settembre 1850),
il cui primo nucleo si era formato a Roma sin dal Luglio del '49. Subito dopo,
da Londra, dove ormai aveva fissato il suo quartier generale, riprese e
intensificò la sua attività di agitatore: tenne allora le fila di un vasto
movimento cospirativo nel mantovano destinato, per altro, a produrre un nuovo
fallimento (1851-1853) e guidò quindi il moto milanese del 6 Febbraio 1853 che,
per la pessima preparazione ed il conseguente esito fallimentare, tante
lacerazioni doveva produrre in seno allo stesso movimento mazziniano. Subito
dopo, con l'intento di fronteggiare e contenere le ripercussioni negative di
quest'ultimo grave insuccesso, ritenendo ormai conclusa l'epoca delle congiure,
sciolse l'Associazione Nazionale e fondò il Partito d'azione (Marzo 1853),
nelle cui file cercò di organizzare tutti i patrioti concordi nel programma di
un'azione <<unitaria nella bandiera, nel disegno e nel fine >>
volta alla conquista della libertà << in nome e con le forze della
nazione >>. Ecco quindi tutta una infelice serie di conati insurrezionali:
in Lunigiana (1853-1854), a Genova (Giugno 1857) per il quale Mazzini si meritò
una seconda condanna a morte, a Livorno e a Sapri, ove Carlo Pisacane sacrificò
la propria vita dopo avere invano fatto affidamento sulla solidale rivolta dei
contadini meridionali. Ecco poi la guerra del 1859, per la cui soluzione
vittoriosa Mazzini auspicò l'impegno di tutte le forze nazionali in vista della
conquista dell'unità. Ma vennero le annessioni, che in pratica rappresentavano
la conclusione vittoriosa del disegno egemone della monarchia sabauda. Conclusa
la spedizione garibaldina nel Mezzogiorno, alla quale aveva dato il suo pieno
appoggio in quanto occasione per andare avanti sul cammino dell'unità, Mazzini
concentrò tutti i suoi sforzi nella organizzazione del movimento operaio, senza
però dimenticare Roma e Venezia, per la cui liberazione si impegnò fortemente
anche sul piano operativo, organizzando bande armate e spingendo
instancabilmente all'azione. Nel 1866, per coordinare gli sforzi dell'opinione
patriottica, fondò l'AIleanza Repubblicana Universale (ARU), il cui programma
era così sintetizzato: << Sia Repubblica la parola d'ordine, Roma il
primo obbiettivo, insurrezione e guerra nazionale allo straniero invasore il
mezzo >>. Sulla base di tali direttive, si adoperò intensamente per
organizzare un sollevamento della Sicilia e muovere dal Sud verso Roma prima
che vi arrivasse la monarchia. Volle allora trasferirsi clandestinamente
nell'isola, ma fu arrestato a bordo della nave che lo trasportava non appena entrato
nella rada di Palermo (13 Agosto 1870). Rinchiuso nella fortezza di Gaeta, vi
rimase prigioniero fino all'Ottobre, allorché poté fruire dei benefici di
un'amnistia che il governo nazionale aveva concesso in occasione della
presentazione dei risultati del plebiscito dei romani a Vittorio Emanuele.
Attraverso Roma <<profanata dalla monarchia >> e Genova, ove poté
finalmente posare sulla tomba della madre, raggiunse Lugano e successivamente
Londra. Subito dopo fece uscire a Roma l'ultimo suo giornale, Roma del Popolo
(9 Febbraio 1871), dalle cui colonne mirò soprattutto a realizzare l'unione
delle società operaie nel Patto di Fratellanza.
Per quanto ormai stanco e malato, scriveva senza posa opuscoli e articoli,
tra cui, significativi, quelli in polemica con l'Internazionale. Il 13 Marzo
1871 eccolo finalmente a Pisa, ospite della casa di Giannetta Nathan Rosselli,
sotto il falso nome di John Brown. E a Pisa, a parte due soggiorni a Lugano e a
Londra e alcune episodiche puntate a Firenze e Livorno, visse il suo ultimo
anno di vita. Morì infatti, esule in patria, il 10 Marzo 1872.